A mia madre
Guardo i tuoi occhi
aspirar le tracce
dell’intorno,
seduta sulla panca
della sera,
ove piano la calza
s’allunga dal cotone.
Nel lume che tenue
si rimpasta
ai vapori della stufa,
ti guardo inforcar
l’odiosa scienza dell’occhiale,
ed il filo attorcere
e annodare,
le pezze curar
di paco amore
e poi creare,
rammendar di piccoli ritocchi
il nulla filo
in stimolo vitale.
E mi sento rinascere,
frutto di un istante
solamente piu’ cordiale.
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